Il sintomo

Il sintomo: che significato ha?

Mal di testa, ipersonnia, panico, gastrite, abbuffate…sono tutti sintomi diversi che possono nascondere diversi significati.

Solitamente, quando decidiamo di rivolgerci ad unə psicologə, riportiamo una serie di sintomi che stanno interferendo con la nostra vita quotidiana. Vediamo infatti il sintomo come qualcosa che ci ostacola, ci limita, ci dà la sensazione di essere difettosə, non performanti.

In quest’ottica, dunque, lo vediamo come qualcosa da eliminare a tutti i costi, anche perché non ci appartiene, e lo viviamo dunque con una sorta di estraneità, come qualcosa che si aggiunge a noi.

Eppure il sintomo viene in nostro aiuto. Difficile da credere, vero?

Innanzitutto, il sintomo non è un elemento che si aggiunge ad un essere umano, ma rappresenta una modificazione dell’esperienza di quella persona. Dunque non è qualcosa da eliminare immediatamente, ma prima di tutto da comprendere.

Esso infatti ha un significato diverso a seconda della persona, della sua storia di vita, della sua direzione di vita. Il sintomo emerge, in questa cornice, come una contrattazione col mondo: suo scopo è quello di mediare tra la persona e il contesto.

Ovviamente l’equilibrio a cui si va incontro è precario, ma il sintomo emerge proprio come modalità per rimanere in equilibrio nella nostra vita. Questa modalità è più o meno funzionale, e infatti si decide di rivolgersi ad un* professionista -generalmente- quando arriva a “impedirci” di vivere come prima.

Perché il sintomo non va eliminato immediatamente (a parte quei casi in cui è così grave che non si potrebbe agire altrimenti)?

Perché bisogna accompagnare la persona a comprendere il suo significato, cosa gli sta comunicando. Il sintomo, avendo un ruolo adattativo, aiuta la persona a stare in equilibrio: se lo si elimina, si va ed eliminare anche quell’equilibrio precario, che può portare la persona a sviluppare un’altra sintomatologia.

Quando il sintomo viene compreso, invece, tende a ridursi autonomamente.

Ovviamente non è sempre così, ecco perché il sintomo va contestualizzato in base alla persona che si ha davanti. Ciò non vuol dire nemmeno che, se la persona è sofferente e ha bisogno di un iniziale supporto per tollerarlo, sia da condannare. L’importante è vedere l’essere umano nella sua completezza, e non vederlo come una macchina rotta o non funzionante.

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