Il corpo in psicologia? Ma voi psicologə non vi occupate solo della mente?
Il corpo non è un aggiunta alla mente, ma è il luogo in cui è possibile l’esperienza umana, la mia e la tua esperienza. Perché è stato (ed è ancora oggi) emarginato dallo studio della psicologia? Perché l’uomo è stato considerato disincarnato e decontestualizzato.
Ma l’uomo è tale proprio perché incarnato, perché vive in un mondo e fa esperienza in questo mondo. E tutto ciò è possibile attraverso il corpo.
“Se si isola il corpo dall’esistenza, se lo si astrae dal suo vissuto quotidiano, ciò che si incontra non è più la corporeità che l’esistenza vive, ma l’organismo che la biologia descrive” (Galimberti).
Eliminando il corpo dall’esperienza e dall’esistenza, troveremmo dunque il corpo studiato dalla biologia. Ma la psicologia deve considerare l’unità mente-corpo, imprescindibile per la comprensione dell’essere umano.

Corpo ed esperienza
Nel vivere la nostra quotidianità, il corpo non viene quasi mai avvertito. Siamo consapevoli della sua esistenza in maniera pre-riflessiva (vale a dire che non dobbiamo ragionarci su).
Quando si passa dal corpo che ho al corpo che sono? Principalmente in due casi: nel caso di una malattia fisica, o quando il nostro corpo diventa motivo di attenzione da parte di altre persone.
Inoltre, in alcune forme di disagio psicologico, il corpo diventa il focus attraverso il quale stabilizzarsi e trovare un equilibrio. Arrivando, talvolta, ad escludere tutto il resto.
Il sintomo nel corpo
L’aspetto che nella maggior parte delle volte convince la persona a rivolgersi ad un* terapeuta è la comparsa del sintomo. O meglio, l’incapacità di “gestirlo” o “controllarlo”.
Ma a cosa serve il sintomo? Ogni sintomo ha un suo significato e un senso all’interno della storia di vita della persona. Ne è testimone il fatto che non tutte le persone sottoposte a stessi eventi stressanti sviluppano uguale sintomatologia o uguali reazioni.
Il sintomo è il modo che ha l’esistenza di adattarsi alla vita in quel preciso momento: non è casuale, ma è la modalità che ci permette di stare in equilibrio con il mondo esterno. Ansia, attacchi di panico, cefalee, ipersonnia, abbuffate, possono essere modalità che trova il corpo per evitare o fuggire da alcune situazioni. Il sintomo, in alcuni casi, è come una stampella, che permette di continuare a camminare. Non è però qualcosa che si aggiunge alla persona, ma è qualcosa che modifica il suo modo di fare esperienza nel mondo.
Non è sempre così, e non vale per ogni tipo di sintomo. Bisogna considerare, però, che il sintomo ci parla del paziente, della sua storia e di dove sta andando (o dove non vuole andare).
Una macchina rotta
Non ce ne rendiamo conto, ma spesso concepiamo noi stessə come macchine rotte. Quando pensi che devi eliminare l’ansia, il mal di stomaco, la cefalea, quando devi tornare a dormire bene altrimenti non sei produttivə, non riesci a lavorare, non riesci a fare…quando “non funzioni bene”.
Ma noi non siamo macchine, e il sintomo non ci dice che qualcosa in noi non funziona correttamente. Purtroppo, però, è quello che succede quando ci rivolgiamo a professionistə che si occupano solo di alleviare quel malessere, decontestualizzandolo dalla persona stessa: tu diventi allora il tuo mal di stomaco, la tua cefalea, la tua insonnia, la tua ansia.
Non funzioni bene, sei rottə, difettosə, e quindi ti prendi la pastiglia perché così riuscirai a lavorare ed essere efficiente come prima. I sintomi non sono qualcosa che si aggiungono a noi, che dobbiamo eliminare prima di qualsiasi altra cosa: i sintomi sono il modo che il nostro organismo ha di contrattare col mondo, trovare un equilibrio in un malessere che noi non riusciamo a cogliere.
Non significa però che devi sentirti in colpa se prendi psicofarmaci, o se hai bisogno di alleviare i sintomi prima di iniziare un percorso: sappi solo che non sei rottə o sbagliatə!
Hai dei sintomi che non riesci a spiegarti? Stai vivendo un periodo di malessere? Contattami!