Cervello stressato, cuore stressato?

Cervello stressato, cuore stressato? Si intitola così uno studio pubblicato nel 2017 su The Lancet, che indaga il rapporto tra stress e patologie cardiovascolari.

Sperimentiamo sempre di più stress a livello psicosociale: pandemia e lockdown, carichi di lavoro pesanti, insicurezza del lavoro o condizioni di povertà sono fattori che possono provocare un aumento dello stress, che a sua volta può portare a disturbi psicologici cronici come la depressione.

Inoltre, lo stress cronico è anche associato a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari: gli individui con una maggiore percezione dello stress hanno una prevalenza sostanzialmente maggiore di infarto miocardico rispetto ai controlli.

Anche studi su modelli animali hanno stabilito che sia lo stress acuto che quello cronico contribuiscono alla causa sottostante della malattia cardiovascolare, ovvero lo sviluppo dell’aterosclerosi.

Non è un caso, infatti, che il disturbo depressivo (secondo l’OMS la malattia mentale più diffusa) segua sempre le malattie cardiovascolari, in particolare l’ictus, nella classifica delle principali cause di morte al mondo.

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Qual è la connessione? 

Abbiamo già parlato di come corpo e mente non siano due istanze separate, ma noi -esseri umani- siamo un tutt’uno.

Le condizioni di depressione, ansia , stress o disturbo da stress post-traumatico (PTSD), possono aumentare direttamente la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, e aumentare i livelli ematici di cortisolo, l’ormone dello stress. Con il passare del tempo, questi fattori possono portare ad accumulo di placche nelle arterie e a patologie cardiache.

Inoltre lo stress favorirebbe un aumento dello stato infiammatorio dell’organismo, portando all’aumento di placche di grasso sulle pareti delle arterie. Ma non solo: nel cervello, un’area molto importante deputata all’elaborazione delle emozioni è l’amigdala. Secondo uno studio del 2017, una maggiore attività dell’amigdala sarebbe legata ad un rischio più alto di infarto e ictus.

Il rapporto è bidirezionale.

Viceversa, infatti, anche depressione e ansia possono svilupparsi dopo un’insufficienza cardiaca o un ictus.

Sicuramente sarebbe necessario favorire attività antistress, come l’esercizio fisico, migliorare l’alimentazione e smettere di fumare. Ma questi sono consigli ormai noti, generali, che spesso sono già attuati da chi vive una situazione di stress protratta nel tempo.

Talvolta infatti i consigli citati potrebbero non essere sufficienti: in quel caso potresti aver bisogno di ricevere un aiuto mirato per superare le difficoltà del momento.

La cardiomiopatia di Tako-tsubo

Vediamo infine la cardiomiopatia di Tako-tsubo, una nuova sindrome clinica che imita l’infarto miocardico acuto. Sebbene la causa esatta non sia nota, la sindrome si aggrava con lo stress fisico ed emotivo.

Viene chiamata anche Cardiomiopatia da stress o “Sindrome del cuore spezzato”, e si verifica in persone che non presentano alcuna ostruzione coronarica (a differenza di quanto accade nell’ictus cardiaco vero e proprio).

“Tako-tsubo” è una parola giapponese, e fa riferimento a una sorta di cestello (tsubo) usata dai pescatori giapponesi per catturare i polpi (tako).
Infatti i ricercatori che hanno descritto per primi la sindrome di Takotsubo hanno notato che il ventricolo sinistro del paziente assume una forma simile al takotsubo.

Se stai vivendo un periodo di stress prolungato nel tempo, o ti trovi in una situazione difficile e non sai come gestirla, contattami!

Bibliografia:

  • Aschermann, M., & Aschermann, O. (2009). Tako-tsubo kardiomyopatie [Tako-tsubo cardiomyopathy]. Vnitrni lekarstvi55(9), 792–796.
  • Bot, I., & Kuiper, J. (2017). Stressed brain, stressed heart?. Lancet (London, England)389(10071), 770–771. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(17)30044-2
  • Tawakol, A., Ishai, A., Takx, R. A., Figueroa, A. L., Ali, A., Kaiser, Y., Truong, Q. A., Solomon, C. J., Calcagno, C., Mani, V., Tang, C. Y., Mulder, W. J., Murrough, J. W., Hoffmann, U., Nahrendorf, M., Shin, L. M., Fayad, Z. A., & Pitman, R. K. (2017). Relation between resting amygdalar activity and cardiovascular events: a longitudinal and cohort study. Lancet (London, England)389(10071), 834–845. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(16)31714-7

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